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Giambattista Vico: Opere
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VII: Scritti Vari e Pagine Sparse
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V. Pareri Presentati Quale Censore Civile o Deputato Della Colonia Sebezia Dell’Accademia Dell’Arcadia per la Stampa di Alcuni Libri

V. Pareri Presentati Quale Censore Civile o Deputato Della Colonia Sebezia Dell’Accademia Dell’Arcadia per la Stampa di Alcuni Libri

I

Per i «Componimenti in lode del giorno natalizio di Filippo V recitati a dí xix dicembre mdcciv nell’accademia per la celebrazione di esso giorno nel real palagio, tenuta da don Giovanni Pacecco duca di Escalona viceré di Napoli (in Napoli, presso Niccolò Bolifoni, mdccv)».

[Al duca d’Escalona, viceré di Napoli]

Excellentissime princeps, laudum volumen, quarum magnificum argumentum Philippi v Hispaniarum et Neapolis regis natalis dies, tuo imperio, excellentissime vir princeps, recensui; ac nedum nihil prave dictum quod minueret maiestatem notavi, sed omnia bonis omnibus plena et obsequii gloria refertissima comperi. Tuae sunt modo principis, et doctissimi principis, partes et publicam libri lucem iubere et de hac nostra censione iudicare.

Datum Neapoli, iiii idus iulios anno mdccv.

Tui, excellentissime princeps, devinctissimus cliens

Iohannes Baptista a Vico.

228 ―

II

Per l’opera: «Di Vincenzo Gravina Tragedie cinque (in Napoli, nella stamperia di Felice Mosca, mdccxii)».

[Al conte Carlo Borromeo, viceré di Napoli]

Eccellentissimo signore, ho letto, per comando di Vostra Eccellenza, il libro il cui titolo è: Tragedie di Vincenzo Gravina giureconsulto, nel quale non ho alcuna cosa notato che offenda la regal giurisdizione o i civili costumi. Anzi vi osservo che il dottissimo autore con maravigliosa facilitá fa discendere nell’intendimento del teatro gli altissimi sensi della piú riposta filosofia, che è il principal fine della poesia utile alle repubbliche; e, faccendo signoreggiar la vera imitazion sopra l’arte, la quale è fatta tutta per la vera imitazione, ci fa avvertire le collere e le querele de’ grandi non dover essere iscompagnate da un propio lor contegno e da una signoril gravitá. Ma, ciò che piú importa, non seguendo egli da artefice i precetti, ma riflettendo da filosofo al fine dell’Arte — perché ella fu scritta acconcia alle gentili repubbliche, le quali non volevano che le passioni si stupidissero né si sfrenassero, perché, per le passioni moderate, i cittadini operassero bene, appruovavano i mediocri suggetti delle tragedie; ma, tra noi cristiani non avendo termine l’orrore del vizio e la virtú essendo tutta riposta in patire, — esso gli ha scelto estremi e, dovunque può, desta abbominazione de’ rei costumi della cieca gentilitá e contro a’ vizi de’ grandi che rovinano gli Stati. Nell’istesso tempo espone in mostra maravigliose virtú altrui che gli conservano, acciocché i prencipi, come in uno specchio posto all’ombra di maggior lume, piú chiaramente si ravvisino buoni o si ravvedan cattivi.

E per tutto ciò lo stimo degnissimo delle stampe, purché cosí piaccia a Vostra Eccellenza.

Napoli, 10 settembre 1712.

Di Vostra Eccellenza umilissimo servo.

Giambattista di Vico.

229 ―

III

Per la «Compendiosa spiegazione dell’impresa, motto e nome accademico del serenissimo Cesare Michelangelo d’Avalos, d’Aquino, d’Aragona marchese di Pescara e del Vasto..., tra gli Aggitati della cittá di Nardò detto l’Infaticabile e della loro accademia principe perpetuo, con un ragionamento poetico sugli sogni, per mezzo dei quali si descrivono le figure geroglifiche e motti allegorici ovvero emblemi, concernenti alla suddetta impresa e con varii versi latini e sonetti in lode dell’Altezza Sua, composti da Giovan Giuseppe Gironda marchese di Canneto tra gli stessi Aggitati Audace, dedicati all’eminentissimo signor cardinal Alvaro Cienfuegos... (in Napoli, nella stamperia di Felice Mosca, mdccxxv)».

[Al cardinal Michele Federico d’Althann, viceré di Napoli]

Eminentissime princeps, iussus a te, princeps eminentissime, legi enarrationem emblematis, per cuius occasionem sive oblatam sive arreptam praeclarissimus auctor Iohannes Iosephus Gironda Cannetensium marchio, Romani Imperii primorem in augustam domum cum suo ipsius studio, tum maiorum gloria quam optime meritum studiosissime collaudat: quod satis argumenti sit eam typis literariis mandari posse.

Dabam Neapoli, iv eidus septembres anno mdccxxv.

Tui, eminentissime princeps, devinctissimus cliens
Iohannes Baptista Vicus.

IV

Per le «Stanze d’Ipolita Cantelmi Stuart, principessa della Roccella, in lode dell’eminentissimo Antonio Manuele, gran maestro di Malta (in Napoli, mdccxxix, nella stamperia di Felice Mosca)».

[Al conte Luigi di Harrach, viceré di Napoli]

Eccellentissimo signore, per ubidire a’ comandi di Vostra Eccellenza, ho riveduto il libro il cui titolo è: Stanze d’ Ipolita Cantelmi Stuart, ecc., e non solamente non vi ho scorto

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alcun detto che offenda punto la regal giurisdizione, ma lo stimo degnissimo delle stampe, siccome quello che gravemente ci appruova che, ove generositá di natali, altezza di stato e splendor di educazione si apparecchiarono da gran fortuna a dover servir alla virtú, che dèsti negli ingegni vaghezza de’ bei lavori o di colte prose ovver di leggiadre rime, producono vera signoria di stile, non affettata nobiltá di sentimenti e quel tanto difficil nesto di naturalezza e sublimitá.

Casa, 15 decembre 1728.

Di Vostra Eccellenza riverentissimo servidore

Giambattista Vico.

V

Per le «Tragedie cristiane del duca Annibale Marchese, dedicate all’imperador de’ cristiani Carlo vi il grande (in Napoli, mdccxxix, nella stamperia di Felice Mosca)».

[Allo stesso]

Eccellentissimo principe, per comando di Vostra Eccellenza ho letto le Tragedie del duca Annibale Marchese, e stimo appartenersi allo splendore di questo reame che da Napoli esca alla luce del mondo la tragedia propia delle repubbliche cristiane, la qual a popoli — che, quanto riescono men docili ad apprendere da quantunque robusti raziocini, altrettanto sono ben disposti a profittare degli esempli maravigliosi — insegni ne’ teatri i doveri della religione, la qual sola è efficace a produrre gli altri tutti delle morali e delle civili virtú; e la medesima insiememente, per lo principal fine onde fu ritruovata, con la stessa invitta pazienza de’ suoi eroi, ammonisca i príncipi a riverire e temere le leggi eterne della natura e di Dio. Laonde, poiché esse alla di lui sacra soave ombra rifulgono, debbono queste tragedie essere tanti pubblici testimoni che ’l nostro augustissimo regnante imperador

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Carlo vi d’Austria sia egli principe per zelo di religione e per amor di giustizia gloriosissimo. Perloché deesi fermamente sperare che l’italiane scene debbano e godere di lor tanta utilitá e rallegrarsi col divino ben culto ingegno del chiarissimo autore, che le faccia comparire ricche di quel piacere che dilettando trattenga, finché cali il panno, gli spettatori, e di meritarne l’universal applauso cosí alla di lui natia nobiltá come alla singolar virtú dell’animo. Alle quali, e non altronde, quel natural sublime proviene che è sommamente desiderato in sí fatta spezie di grande poesia: che sia ella animata da sublimitá di sentimenti e vestita di signorile e grave naturalezza di favellari.

Casa, 6 gennaio 1729.

Di Vostra Eccellenza ossequiosissimo servitore.

Giambattista Vico.

VI

Per le «Poesie diverse di Giacomo Antonio Palmieri di Napoli, accademico Stellato, divise in quattro parti (in Napoli, mdccxxix, presso Stefano Abbate)».

[Allo stesso]

Eccellentissimo signore, per comando di Vostra Eccellenza ho letto il libro il cui titolo è Poesie diverse, ecc.; né vi ho scorto alcun detto che punto offenda la real giurisdizione né i buoni costumi. E perciò stimo che si possa dare alle stampe, ove cosí piaccia a Vostra Eccellenza.

Napoli, 15 maggio 1729.

Dell’Eccellenza Vostra umilissimo servidore

Giambattista Vico.

232 ―

VII

Per l’opuscolo «Nel funerale della sempre gloriosa memoria del sommo pontefice Benedetto xiii>, orazione detta nella cattedrale di Capua il dí 15 marzo mdccxxx, all’eccellentissimo e reverendissimo monsignor patriarca di Costantinopoli Mondilla Orsini, nipote del defunto ed arcivescovo della sopra detta cittá di Capua, dal padre Giuseppe Coppola, della Congregazione dell’Oratorio di Napoli (in Napoli, nella stamperia di Felice Mosca, 1730)».

[Allo stesso]

Excellentissime princeps, te demandante, princeps excellentissime, orationem in funere Benedicti xiii pontificis maximi e patre Iosepho Coppola e Congregatione oratoriana, Capuae, in pontificio templo, habitam, recensui. Nec ullum omnium iurium Regni laesum offendi, sed et oratorii ductus prudentiam, sententiarum gravitatem, elocutionis splendorem atque adeo christianam pietatem et sapientiam qua tota perfunditur, sum contemplatus, auctorque sum ut literariis, quibus plane digna est, typis detur.

Datum eidibus maiis anno mdccxxx.

Tui, excellentissime princeps, devinctissimus cliens

Iohannes Baptista Vicus.

233 ―

VIII

Per «La Cristiade di Marco‐Girolamo Vida da Cremona, vescovo di

Alba, trasportata dal verso latino all’italiano da Tommaso Perrone sacerdote secolare di Lecce, con argomenti ad ogni libro e annotazioni messivi per chiarezza e ornamenti di alcuni luoghi, aggiuntavi anche nel fin di essa la traduzione di due altri poemi dello stesso autore: Dei bachi e Del giuoco degli scacchi (in Napoli, mdccxxxiii, nella stamperia di Gennaro Muzio)».

[Allo stesso]

Eccellentissimo signore, per comando di Vostra Eccellenza ho letta la Cristiade di Geronimo Vida tradotta nella nostra volgare lingua dal sacerdote don Tommaso Perrone, né vi ho scorto punto ch’offenda le regal giurisdizione. E non solo non corrompe, ma grandemente migliora i buoni costumi, perché fatta d’un poema eroico il qual è lo piú propio delle cristiane repubbliche, che con le dolcezze poetiche insegna ad imitare le virtú comandate dalla nostra santa religione, sopra le quali esse tutte sono fondate. E, per l’intendimento de’ popoli, il chiarissimo traduttore l’ha fatta con chiarezza ugual alla nobiltá del sublime argomento, e con tanta facondia che le cose, le quali vi si dicono, sembrano essere state concepute alla maniera di pensare italiana, tanto nulla odorano di latino, in guisa che, non giá ella ha a chiamarsi traduzione, ma una perfetta parafrasi. Di piú, ne’ luoghi dove abbisognavano, l’ha schiarita con dotte e propie, e perciò brevi, annotazioni. L’altre due, una de’ Bachi, l’altra del Giuoco degli scacchi, per l’innocenza delle materie e per la simiglianza del pregio, meritano la stessa censura, ché la prima per lo bene, la seconda per lo piacer onesto del pubblico, ove l’Eccellenza Vostra si compiaccia di comandarlo, stimo degnissime delle stampe.

Napoli, 6 settembre 1732.

Di Vostra Eccellenza umilissimo e riverentissimo servidore.

Giambattista Vico.

234 ―

IX

Per «La Cleopatra del cavalier Scipione Cigala de’ principi di Tiriolo, tra gli arcadi detto Demalgo Dinosteniese (in Napoli, mdccxxxvi, nella stamperia di Gennaro e Vincenzo Muzio)».

Noi infrascritti specialmente deputati, avendo, in vigor delle leggi d’Arcadia, riveduta la tragedia intitolata La Cleopatra del cavaliere Scipione Cigala ecc., giudichiamo che l’autor di essa possa nell’impressione servirsi del nome pastorale e nel frontespizio possa mettersi l’insegna del nostro comune.

Laufilo Terio (Giambattista Vico)

Andromio Petrosario poeti arcadi deputati.

X

Per l’opuscolo di Giuseppe Pasquale Cirillo: «Oratio in regia neapolitana Academia postridie nonas novembre habita pro solemni studiorum instauratione, viro amplissimo Bernardo Tanusio, Caroli Borbonii regis neapolitani a secretis, dicata (Neapoli, Felix Carolus Musca, 1737)».

[Al re Carlo di Borbone]

Rex celsissime, tuo imperio orationem de literariis studiis auspicandis a Iosepho Cyrillo, tuo iuris antecessore doctissimo, habitam legi, nec in ea quicquam, quod Tuam regiam Maiestatem

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minuat aut bonos mores corrumpat, notavi: quin dignam hac tua Italiae inclyta Academia, ac proinde te dignam feceris, censeo, authorque sum ut literariis formis mandetur.

Datum Neapoli, v idus novembris anno mdccxxxvii.

Tui, rex potentissime, obsequentissimus cliens

Iohannes Baptista Vicus
latinae eloquentiae professor ac historicus regius.

XI

Per la «Oratio παραινετικαί ad seminarii matherani alumnos in sollemni studiorum instauratione, habita a Iohanne Baptista Spena, sacerdote neapolitano, eiusdem rectore et antecessore (Neapoli, mdccxxxviii, typis Felicis Caroli Mosca)».

[Allo stesso]

Summe rex, tuo iussu legi clari viri Iohannis Spenae epistolam praestantissimo medico tuo Francisco Boncore inscriptam et orationem de bonarum studiis literarum auspicandis habitam, utramque sane multa eruditione et latina elegantia lucubratam, nec non tuis regiis iuribus bonisque moribus innoxiam inveni. Quare dignas quae literariis formis mandentur censeo, si hanc meam censuram tuo imperio ratam esse iusseris.

Dabam Neapoli, eidibus mensis maii anno 1738.
Tui, rex celsissime, obsequentissimus cliens
Iohanne Baptista Vicus.

236 ―

XII

Per «La Disciplina del cavalier giovane, divisata in tre ragionamenti, di Nicola Gaetani dell’Aquila d’Aragona, signore di tutta la famiglia (in Napoli mdccxxxviii, nella stamperia di Gennaro e Vincenzo Muzio)».

[Allo stesso]

Sagra Real Maestá, Signore, per vostro regal comando ho letto La disciplina ecc., di Nicola Gaetani, ecc.; né vi ho scorto cosa che punto offenda una menoma vostra regal ragione e la quale non anzi giovi che nuoccia a’ buoni costumi, e spezialmente della nobile gioventú. Altronde vi ho osservato scelta erudizione, profonda dottrina, fino giudizio d’intorno al sapere e tutte le parti sue: le quali pregevolissime doti, accoppiate alla grandezza e splendore del di lui nobilissimo sangue, appruovano al mondo la vostra sovrana sapienza di averlo trascelto per uno de’ vostri consiglieri di Stato. E, per tutto ciò, stimo l’opera degna di darsi alle pubbliche stampe, ove la Maestá Vostra se ne compiaccia.

Napoli, 23 maggio 1739.

Di Vostra sacra real Maestá
umilissimo ed ossequiosissimo servo
Giambattista Vico.

XIII

Per l’«Orazione in lode di san Catello vescovo, protettore della cittá di Castellammare, recitata quivi dal padre Bernardo Maria Giacco, frate cappuccino (in Napoli, mdccxxxviii, nella stamperia di Gennaro e Vincenzo Muzio)».

[Allo stesso]

Sacra Real Maestá, per ubidire a’ reali comandi vostri ho letto l’Orazione in lode di san Catello ecc., né vi ho scorto verun detto che punto offenda la vostra real giurisdizione o

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corrompa i buoni costumi. Anzi vi ho osservato una robusta eloquenza, a cui credo che, oltre il grande ingegno e la scelta erudizione del chiarissimo autore, conferisca ben molto il severo istituto della sua austera religione, la quale sdegnando tutti li piaceri del corpo e tutti gli agi della fortuna, non è in altro impiegata che a meditare li divini beni della cristiana virtú, dalla quale lunga e molta meditazione di cose tutte sublimi si forma il petto di una celeste facondia, onde cotal ordine religioso ha dati tanti famosi sacri oratori. Per lo che la stimo degna delle pubbliche stampe, ove questa mia censura sia avvalorata dal vostro sovrano arbitrio.

Napoli, 7 novembre 1738.

Di Vostra Maestá
ossequiosissimo servitore
Giambattista Vico.

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