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Giambattista Vico: Opere
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III: La Scienza Nuova Prima (1725)
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Principj di una Scienza Nuova
Libro Quarto. Ragione delle pruove che stabiliscono questa scienza

Libro Quarto. Ragione delle pruove che stabiliscono questa scienza

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[390] Questa è la lingua universale del diritto universale delle genti osservato in questa gran cittá del genere umano, che ne spiega le guise come sono nate tutte le parti che compongono l’intiera iconomia della natura delle nazioni (poiché nella cognizione della guisa consiste unicamente la scienza); ne addita i tempi in che nacquero in ciascuna spezie le prime (che è la nota propia di ciascuna scienza di pervenirne a que’ primi, talché sia curiositá affatto stolta di ricercare altri primi); ne scuopre l’eterne propietá da’ tempi stessi e dalle stesse guise del loro nascere, che ne possono unicamente accertare tale e non altro essere stato il loro nascimento o natura; e da’ primi loro nascimenti, secondo il natural progresso delle umane idee, le conduce con una non interrotta successione di cose, che tanto vuol dire con perpetuitá. Onde principalmente nell’Idea dell’opera concepimmo questo libro con quel motto col quale i filosofi le parti del diritto che qui si tratta chiamano «leges aeternas». Di piú, sopra sí fatte meditazioni vi convengono mitologie, che sono storie de’ fatti; etimologie, che portano scienza delle origini delle cose. Vi si schiariscono, compongono ed allogano ne’ loro propi luoghi i rottami dell’antichitá, che innanzi giacevano sparuti, sparti e slogati; vi si serba la riverenza alle volgari tradizioni, con iscovrirne i motivi del vero e le cagioni onde poi ci pervennero ricoverte di falso; e tutto ciò che vi è di filologia vi regge con significazioni certe e determinate dalla filosofia, ed ogni cosa vi consta sí nelle parti come in tutto il complesso del sistema di sí fatti princípi.

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[391] Della quale Scienza, cosí condotta con tai sorte di pruove, due sono le pratiche. Delle quali una è di una nuova arte critica, che ne serva di fiaccola da distinguere il vero nella storia oscura e favolosa. Oltre questa, l’altra pratica è un’arte come diagnostica, la quale, regolandoci con la sapienza del genere umano, da esso ordine delle cose dell’umanitá ne dá i gradi della loro necessitá o utilitá e, in ultima conseguenza, ne dá il fine principale di questa Scienza di conoscere i segni indubitati dello stato delle nazioni.

[392] Come, in questo esemplo, la guisa fu che alcuni uomini dalla venere bestiale si ridussero ad usare la venere umana.

[393] Il primo tempo fu quando tra gli egizi, greci, latini la prima volta fulminò il cielo dopo il Diluvio.

[394] La natura per le sue propietá fu che i padri furono i sappienti, i sacerdoti e i re nello stato delle famiglie.

[395] La perpetuitá della successione è che i primi re furono i padri nello stato di natura, e re certamente monarchi. Talché, con peso di parole, Omero chiama «re» il padre di famiglia che con lo scettro ordina che dividasi il bue arrosto a’ mietitori, allogato avanti delle cittá nello scudo di Achille, dove è descritta tutta la storia del mondo innanzi. Dipoi i re da per tutto furono aristocratici. Finalmente si stabilirono i re monarchi, e le monarchie da per tutto, e per distesa e per durata, furono e sono le piú celebrate nel mondo.

[396] L’eterne propietá sono: che le sole civili potestá trattino del diritto naturale delle nazioni, e sieno o un ordine regnante di sappienti, qual è quello delle repubbliche aristocratiche; o regolate da un senato di sappienti, come le repubbliche libere; o assistite da un consiglio di sappienti, come i monarchi. Che elleno sieno riverite come persone sagre che non riconoscano altro superiore che Dio, come i primi padri nello stato delle famiglie, e finalmente, come padri di grandi famiglie, governino i popoli. Che abbiano il diritto della vita e della morte sopra i sudditi, come i primi padri l’esercitavano sopra i figliuoli; e che i sudditi, come figliuoli, acquistin per sí fatti padri della loro repubblica (come pur Tacito, nella storia

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della legge caducaria, appella il romano principe «omnium parentem»), perché tai padri conservino la libertá di sí grandi famiglie alle loro nazioni come a loro figliuoli. Che è la genesi del dominio eminente delle civili potestá, a cui, ne’ pubblici bisogni, deve cedere il dominio sovrano e dispotico che hanno i padri di famiglia de’ loro patrimoni. Tanto è vero il detto di Bodino: — che dominio sovrano sotto altro dominio sovrano è ritruovato degli ultimi barbari — che sopra i domíni sovrani de’ primi padri sursero le prime repubbliche e, con essi, la civiltá.

[397] I gradi dell’utilitá si numerano: prima bisognare agli Stati la religione d’una divinitá provvedente: dipoi la certezza delle attenenze con le nozze solenni; finalmente bisognare la distinzione de’ domíni delle terre per seppellirvi i suoi difonti — dal quale ultimo costume umano vengono quelle pratiche di edificare i cittadini magnifici palaggi, ornare di pubbliche fabbriche le cittá per lustro e splendore delle loro discendenze; — e sí il pubblico desiderio dell’immortalitá fiorisca tra le nazioni. Onde tutte le nazioni con somme cerimonie e ricercate sollennitá custodiscono queste tre sopra tutte le altre umane faccende: religioni natie, nozze tra loro e mortori nelle propie terre. Perché questo è ’l senso comune di tutto il genere umano: che sopra questi tre costumi, piú che in tutt’altri, stien ferme le nazioni, acciocché non ricadano nello stato della bestial libertá; ché tutti e tre son pervenuti da un certo rossore del cielo, de’ vivi e de’ difonti.

[398] Alla stessa fatta si truovano i gradi dell’utilitá della sapienza riposta, che deve servire alla sapienza volgare, perché ella è nata dalla volgare e per quella medesima vive, a fin che la volgare dalla risposta, indebolita, sia retta e sostenuta, ed, errante, sia guidata e condotta. Talché, come i popoli s’appressano o si discostano da queste tre massime e come i filosofi loro assistono o l’abbandonano, ciò sia regola di giudicare dello stato delle nazioni.

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